Un nuovo appuntamento, questa volta estivo, con i guest post di Susanna Trippa, un racconto intitolato Piazzetta Dante.
Questo racconto è estrapolato dal suo romanzo I racconti di CasaLuet, edito da Lampi di Stampa.
La ringraziamo di cuore per questi racconti di viaggio , che sono sempre affascinanti, potete anche leggere Viaggio nel tempo: A Bologna nei primi anni Settanta.

Quello che segue è il ricordo/omaggio ad una piccola piazza “magica” nella città di Bergamo, la cui atmosfera raccolta è sparita, stravolta dalla riqualificazione del centro.

Piazzetta Dante

Chi ha detto che l’autunno è una stagione triste? Non sempre lo è. Il termometro umorale varia di ora in ora. Alcuni momenti sono lividi e cupi, ma il delirio incredibile dei colori getta grandi manciate di emozione sulle ore che scorrono.
In campagna, al mattino, la bruma incantata di questo periodo copre e scopre alberi, cespugli e fronde; il sole vi si immerge a squarci.
Nel tardo pomeriggio la città è immersa in un’atmosfera magica. Forti bagliori, sui rossi e i gialli risplendenti delle foglie, mi assalgono mentre cammino.
Una spruzzata di foglie gialle, sollevata dalle ruote della prima auto che passa, turbina a mezz’aria nel cielo di novembre, illuminato dalla luce bassa dei lampioni.

Piazzetta Dante è poco oltre.

Tranquilla, si tiene bene al riparo dai percorsi più agitati delle vie attorno. È bellissima nel pomeriggio buio d’autunno, così è al massimo del suo splendore.
La guardo… e comincia ad avvolgermi mentre mi avvicino. Entro nel suo spazio calmo.
Armoniosamente quadrata, la fontana rotonda al centro verso cui lo sguardo converge, le piccole aiuole con le panchine in pietra, gli alberi con i rami che si allargano e ora si stanno sfrangiando, l’asfalto lucido di pioggia con le foglie già cadute a terra e quelle ancora nell’aria, la luce da thriller londinese arancio/gialla dei lampioni, gli archi del porticato di fronte attraverso cui lampeggiano le vetrine.
Io credo sia animata, è troppo bella per non esserlo.
Mi avvicino al bordo della fontana: è tutto in pietra, lei e i suoi personaggi. Un dio marino a mezzo busto, putti sul dorso di buffi pescioloni, improbabili cavalli che zampillano da varie cavità, tutti se ne stanno placidi nell’acquetta della vasca circolare.
Parecchi anni fa, una barchetta vi si muoveva a zig zag, mio figlio la teneva ad un filo; poi ricordo delle sere con il mio cane ancora cucciolo, arrivavo fin lì di corsa e ritornavo a casa.
In certi orari è percorsa da folleggianti ragazzini sui roller, poi ci sono i cani quasi sempre al guinzaglio di donne con gli occhi un po’ spenti, sulle panchine qualche barbone solitario nei suoi monologhi, o più allegramente due giovanissimi che si sbaciucchiano.
Il mio cane cerca posti racchiusi, a copertura bassa, in cui ripararsi; e così penso che anch’io cerco, in questa piazzetta, una cuccia morbida.
E scopro anche perché è così. Se guardo in alto, proprio sulla mia testa, vedo che gli alberi formano quasi un tetto di foglie e rami, oltre il quale s’invola il cielo.

Sono all’aperto, eppure riparatissima.

Mi sento calma, coccolata, dentro di me si formano pensieri belli.
Tutto questo: la pietra porosa della panchina su cui sono seduta, le foglie morbide ai miei piedi, la nera liscia corteccia dei rami, il loro movimento aggraziatissimo, l’acqua della fontana che scorre e zampilla emettendo questo suono ritmico – sch sch – che mi culla, gli occhi dei portici in fila regolare, i passanti divenuti personaggi – me compresa – che entrano ed escono da questo spazio.
Avverto con chiarezza che sono dentro ad un gioco, un brandellino di vita.
Al suo interno, invisibili e fantastici eppure reali, fili di energia rimbalzano, come candide palline da ping pong, dall’uno all’altro elemento della scena: dalla foglia che sta per posarsi lievissima sul terreno, all’acqua della fontana, all’iride che si è formata nella minuscola pozzanghera poco più in là, a me che la sto fissando… alla luna che intravedo dietro a un bel palazzetto ‘900.
La luna stasera è quasi piena, appena smangiata nell’angolino in basso a sinistra.
La fisso socchiudendo gli occhi, con il mio solito esercizio – è il momento dell’energia – ed ecco che un alone argentato va e viene, ballando attorno a lei, sullo sfondo del cielo scuro.
Durante il giorno, la mia vista si appunta su contorni di chiese e palazzi, sull’angioletto dorato svettante in cima al cupolone verde ramarro, in montagna sui dorsi delle medesime.
Ma le mie preferite sono le nuvole! E per nuvole intendo quelle belle, che galleggiano in aria nelle giornate di alta pressione, serenissime e terse, spazzate dal vento. Nuvole gonfie, ricciole, pannose, così cariche di luce come fossero al massimo wattaggio. E mentre le guardo, andando in auto o a piedi, mi sembra di
spostarmi con loro. E l’azzurro intenso che le abbraccia, intermittente, rivela l’energia della vita.

Tour gastronomico di Bergamo

Se volete conoscere meglio Susanna Trippa, potete leggere le recensioni e le interviste all’autrice dei romanzi Il viaggio di una stella e I racconti di CasaLuet.

Volete vedere pubblicato il vostro articolo? Potete scrivere per noi!
Potete raccontare di un viaggio, farci conoscere la vostra città oppure una
racconto.
Scriveteci a saretta@iriseperiplotravel.com per tutte le info

Seguite le nostre pagine Facebook e Instagram!