Una lettura diversa quella che consigliamo oggi, Il post pop e lo Human-Tech-Space infatti non è un romanzo ma un libro formativo molto attuale.
L’autrice Camilla G. Iannacci ci porta nell’era del caos con concetti topologici, studiando le caratteristiche del mondo odierno.
Seguiteci qui di seguito in questo articolo per conoscere qualcosa in più sul libro e non perdete l’intervista all’autrice.

Il post pop e lo Human-Tech-Space

“Una tazzina di caffè può diventare una ciambella ed anche Chiara Ferragni, come Alice, si trasforma, crea performance, eventi in una media-morfosi di uno spazio-tempo immaginario… “
E’ proprio così che inizia il libro di Camilla G. Iannacci, Il post pop e lo Human-Tech-Space.
Racconta la dimensione topologica in cui viviamo che viene definita con una nuova parola entrata a far parte del lessico della lingua italiana: lo human-tech-space.
E’ il trionfo del frame, della morfogenesi, dei cambiamenti di senso.
Dove gli oggetti si de-formano, senza perdere la loro qualità, per cui una tazza e una ciambella sono uguali.
Siamo nell’era del caos: un disordine che troviamo nelle scienze, nella filosofia, nella letteratura e nell’arte.
E’ costitutivo dell’universo ed è uno strumento di interpretazione della realtà, come sostiene Giacinto Plescia nella sua ontologia del chaosmos e dello zeit-raum in Mozart.

Il post pop e lo Human-Tech-Space è stata una lettura davvero particolare ed originale.
E’ il primo libro dell’autrice che leggiamo e ci ha incuriosito molto.
Uno scritto di sociologia ben architettato, chiaro e comprensibile anche per chi (come noi) non è un esperto in filosofia contemporanea.
Questo è proprio un punto a suo vantaggio e la motivazione per cui lo consigliamo ad ogni lettore.
Un libro ben organizzato e incredibilmente interessante dal punto di vista dei contenuti, il linguaggio forbito e tagliente non manca.
Stupefacente l’accostamento tra la filosofia e i media in generale, cercando di riflettere per esempio sull’interpretazione della Ferragni nella cultura odierna.
Senza peli sulla lingua e con una comunicazione ricercata ma nello stesso tempo cruda, che riesce ad avvicinare ogni sorta di pubblico.
Vi invitiamo a scorrere le pagine di questo libro per capire meglio il punto di vista dell’autrice su determinate tematiche mediatiche.

Intervista all’autrice Camilla G. Iannacci

Ci fa davvero piacere ospitare l’autrice Camilla G. Iannacci sul nostro sito e la ringraziamo per aver risposto alle nostre domande.

Per chi volesse leggere il libro,
l’autrice ha ancora delle copie GRATUITE,
si paga solo le spesa di spedizione!
Potete contattarla a camillaiannacci@gmail.com

Ciao Camilla, raccontaci un pò di te e della tua passione della scrittura

La lettura e lo scrivere sono una la conseguenza dell’altro e, appunto, una passione che senza dimenticare, Montale, non pretende di consegnare “la formula che mondi possa aprirti” .

Che cosa vuoi far arrivare ai lettori con questo libro, Il post pop e lo Human-Tech-Space?

Il testo, presente al Salone Internazionale del Libro di Torino, nasce e si sviluppa intorno a riflessioni sulla natura e sul ruolo di Internet.
Se “l’essere dell’uomo si fonda nel linguaggio e questo accade nel colloquio”, come scrive Heidegger, si fonda ora, su Internet e sui social che sono “sistemi dinamici”.
In cui piccole variazioni creano delle biforcazioni di senso: cambiamenti qualitativi della sua natura iniziale.
Questo nostro nuovo habitat, un crogiuolo di saperi e di vita, immaginazione, illuminazioni, socialità, trasformazione di spazi e dialogi è, per me, definibile come “Human-Thech-Space”.
Uno spazio-tempo inestricabile di umano e tecnologico dove l’on-line e l’off-line convivono e si modificano in continuità.
Se “da quando siamo un colloquio, possiamo ascoltarci l’un l’altro”, come dice Hölderlin, resta da capire se la rete sia colloquio e ascolto.

Il salto antropologico: l’algoritmo e lo Human-Tech-Space

Nell’impero dei segni si hanno cambiamenti di senso, epifanie, che significano e segni-ficano.
Tutto è dicibile con sintagmi at the moment: post, tweet, fleet, instagram.
L’evento è il qui ed ora, l’istante, il fugace, il fungibile, il rutilante e il cangiante, il flusso di coscienza, l’epigrammatico.
Internet è costitutivo da frame narrativi che ci abitano, in cui siamo gettàti nel dominio del “sì” e della “chiacchiera”.
Tutto si può dire e si dice mentre per Wittgenstein “su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere”.
Nel Bing bang di fiction-non fiction del virtuale, tutto scorre ma, nel contempo, ogni cosa “è” ed è fluida, indeterminata e indecidibile.
Lo Human-Tech-Space ha una configurazione topologica, uno spazio-tempo in cui gli oggetti assumono configurazioni inimmaginabili nella geometria classica o nel mondo reale.
Siamo oltre il pop e il post-modern: è un nuovo mondo, con le sue figure o meglio realtà che generano imprevedibilità come vuole la morfogenesi che studia i cambiamenti di forma.
Le “catastrofi” ovvero perturbazioni che provocano effetti sorprendenti: le “singolarità”.

Il Panopticon e il topos: Chiara Ferragni

Dall’informazione, all’intrattenimento e al monitoraggio del sentiment l’individuo preso in rete, mentre si ritiene protagonista, rispetto ai big data, viene agito dall’intelligenza artificiale.
La comunità esaspera l’ostentazione, il narcisismo, la costruzione di identità fantasmatiche.
Come “posso capire me all’interno dello spazio-tempo di Internet?”
Come osservare sè stessi nella impossibilità di oggettivarsi e guardarsi dall’esterno, per poter interpretare l’info-spazio-tempo con cui la mente si confronta e su cui s’interroga?
Occorre smascherare il meccanismo che sovrintende la rete, che non è un “contenitore” neutrale.
Per evitare il costituirsi di un Panopticon implacabile in cui potremmo non dominare le forze da noi stessi evocate.
Un’ermeneutica dell’info-sfera è possibile tramite la figura di Chiara Ferragni.
La fashion blogger influencer, come Alice nel Paese delle meraviglie, si tra-sforma e nello s-formarsi crea eventi in una media-morfosi nello spazio-tempo immaginario come accade in topologia.
Ove gli oggetti si de-formano senza perdere la loro proprietà e per cui una tazza e una ciambella sono la stessa cosa.
Chiara non è solo autrice ma coautrice con gli utenti di un mondo nel quale è possibile declinarsi in vari modi di essere.
Il cool, il mood, lo smart: è l’apoteosi del dettaglio e il dettaglio veste Chiara.
La Chiara agli Uffizi gira le spalle alla Venere, che appare nello sfondo ovvero assume un ruolo secondario.
A voler significare “io sono l”icona, non tu, mi posso permettere di non guardarti, siete voi a guardare me e non lei, è il mondo che mi guarda e vuole guardarmi e guardarsi in me, siamo due sguardi il mio e il vostro e ci poniamo davanti al mitico dipinto”.
Chiara è una figura in cui l’indeterminatezza del senso dipende da differenze che convergono.
She, la Chiara non vende solo merce ma desideri e sogni con i social media che creano “segni di riconoscimento” cioè simboli costitutivi dell’individuo ed, ora, del follower.
Una pochette, un cappello, un paio di scarpe si collocano sul piano simbolico che la Ferragni veicola.
La Signora che ha l’oracolo nello Human-Tech-Space, accenna, significa, é.
Accoglie e ci avvolge in un seducente liquido amniotico, con-fonde narrazione e realtà in una duplice e indeterminata stabilità per dare la propria impronta agli oggetti.
Il fashion come simbolo in cui riconoscersi e nel contempo differenziarsi e caratterizzarsi.

Il mito e la rete

Chiara Ferragni è la costruzione di un mito che parla per segni e Chiara “è” un segno e “significa”.
Nel regno delle metamorfosi di Chiara siamo di fronte ad un work in progress di ideal-tipi, di un’epopea, di un poema inesauribile.
Un cambiamento di senso continuo, una costellazione di topoi e narrative ove vivono l’imprevisto, la meraviglia, la serendipity.
She è, e diviene perché l’Essere è in contemporanea, diviene per Essere.
C’è la coesistenza di mondo virtuale e mondo reale: abolire uno di questi poli elimina funzionalità e seduzione.
Il prodotto è rappresentato come a portata di mano e nello stesso tempo come esclusivo.
Il mito è uno spazio atemporale, non ha un tempo che non sia il proprio: appunto, il tempo mitico e lo spazio-tempo del mito si intreccia con l’umano.
Nel mito accade che il presente, il passato e il futuro, come nella fisica moderna, non abbiano alcuna consistenza ma coesistono.
E’ la “Chôra” di Platone: un “ricettacolo invisibile dove le forme” hanno “una dimensione che le avvicina allo spazio”.
Siamo alla nuova fisica, alla relatività, alla quantistica, alla termodinamica ed alla topologia che aprono il nostro sguardo all’infinitamente piccolo, all’ invisibile, a dimensioni che non percepiamo nel nostro quotidiano.
Per Giacinto Plescia “Si ha, nell’immagine femminile una duplice stabilità visiva: virtualità e rappresentazione, narrazione e realtà sono intimamente confuse”
Ed ancora “Le valenze di identità e differenza sono evidenti: identità perché accoglie e seduce, differenza perché si presenta come altro da sé, come figura che oltrepassa ogni limite prestabilito.
La distanza e la differenza: sono due poli in un continuo: un polo è associato a un principio di organizzazione, l’altro rappresenta una disorganizzazione, è la differenza tra due spazi topologici che s’incontrano come in un nastro di Möbius e in una temporalità immaginaria.
https://www.mondadoristore.it/bellezza-filosofia-Mobius-Giacinto-Plescia/eai979122039176/
“come nella percezione gestaltica, la figura femminile possiede una varietà d’immagine: mentre afferma la valenza di un suo aspetto fa emergere nel contempo una multistabilità percettiva figura della socialità o archetipo o visione mitica ed in ognuna di queste convergono tutti gli altri aspetti.
L’osservatore completa l’opera concludendone la narrazione, il senso dell’osservatore si trova frantumato e nel contempo in una forma di identificazione: si crea una distanza e l’esigenza di superarla”

Il Chaosmos

Ulisse, mai sazio di conoscenza se fosse ai nostri giorni navigherebbe su internet: la nuova frontiera da travalicare come le sue colonne d’Ercole.
Infatti sono nate, su Internet, nuove figure di esploratori: filosofi e scienziati che non hanno paura, come il re di Itaca, di osare nuove forme di riflessione perché la realtà non è come appare.
La tecnica apre ad una domanda di senso sulla condizione umana e la sollecita: le teorie della complessità non sono appannaggio della fisica e della matematica, appartengono anche alle interrogazioni della filosofia e della letteratura infatti Giacinto Plescia affronta il tema della complessità nell’ottica sia della Fisica che della Filosofia e si pronuncia per un’ontologia del chaos.
Esiodo scrive “in origine fu il caos”: il caos è costitutivo dell’universo: il volo degli storni, come ha dimostrato il premio Nobel Parisi, ubbidisce al caos come la pioggia o la Borsa Valori.
Il caos vive tra noi: quando si acquista un cavolo romano facciamo esperienza del concetto di caos: il cavolo e i frattali sono identici perché il cavolo è un frattale: siamo dentro ad un “chaosmos” in cui l’ordine ed il disordine trovano un punto d’incontro e di fusione come nel mito.

Hai già qualche idea per la tua prossima pubblicazione?  Puoi svelarci qualcosa?

In anteprima vi svelo la cover e il titolo del prossimo testo (che è in fase di correzione delle bozze) e che consente di intravedere i contenuti: “Un tè e una ciambella coi follower la chôra e il chaosmos”
Il testo sarà recensito da Sara e Ruggero in questo sito web.
Grazie e ciao
Camilla

il post pop

Il libro di Camilla G. Iannacci, Il post pop e lo Human-Tech-Space è pubblicato con Youcanprint per la sezione Scienza Accademiche.

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